La Ellen McArthur Foundation, istituzione che lavora per la migrazione verso la circular economy, ne identifica così i tre obiettivi principali: abbattere sprechi ed emissioni; progettare prodotti che possano essere riparati, o riciclati e riutilizzati; rigenerare i processi naturali restituendo al suolo e all’aria parte delle risorse utilizzate.
Ma come si applicano questi principi al T&A? In Italia il settore spicca per casi virtuosi rispetto alle tecniche di processo. non sono rari i casi di aziende che utilizzano energie da fonti rinnovabili, mentre la cura nello sfruttamento e nella depurazione delle acque è ormai una pratica consolidata. Ma, dove nel decennio appena trascorso gli sforzi si sono focalizzati su singoli processi, come la sicurezza chimica, ora si assiste al passaggio ad approcci sostenibili a 360°.
Alcuni esempi arrivano dai gotha della moda: Gucci è completamente carbon neutral dal 2018, e ha ridotto del 21% gli impatti ambientali totali del marchio, Herno ha introdotto la metodologia PEF (product environmental footprint) per misurare le proprie performance nell’impatto ambientale e creato collezioni con tessuti in lana e poliammide riciclati capaci di biodegradarsi in soli 5 anni. Più complessa è l’introduzione di un approccio sistemico nelle piccole e medie imprese.
Per mettere in pratica principi dell’economia circolare nella variegata costellazione delle PMI manifatturiere è necessario, prima di tutto, prendere in esame la complessità e la frammentarietà della supply-chain tessile. Con materie prime e semilavorati che spesso attraversano mezzo mondo prima di arrivare alla destinazione di «capo finito pronto per la vendita», la filiera è soggetta a più di un punto oscuro. I consumatori e gli stakeholder per superare questa opacità hanno bisogno di informazioni affidabili e sicure sui prodotti e sulla tracciabilità della produzione. Dati che spazino da impatto ambientale (il cosiddetto PEF), riciclaggio e pratiche circolari, fino a protezione della salute, condizioni sociali dei lavoratori, anticontraffazione e flussi di materie prime.
Tenere sott’occhio tutti i passaggi e correggerne eventuali gap, sprechi o punti nebulosi richiede, accanto ad un asset di produzione adeguato, tecnologie spinte per il tracciamento dei dati. Tessile Digitale, grazie all’impegno di Domina nei progetti europei finanziati dal programma quadro Horizon 2020, sta testando nuove soluzioni su questo fronte già da alcuni anni.
Con Boost 4.0 abbiamo implementato nel pilot per il Tessile un prototipo per il servizio di PCO (Dichiarazione di Origine Preferenziale) in Blockchain privata, in partnership con IBM Israele, all’interno di un progetto dedicato allo sviluppo di tool e strategie utili ad ottenere i massimi benefici possibili dall’inserimento dei Big Data nei cicli di produzione e processo, attraverso global standard, infrastrutture digitali e middleware sicuri e affidabili, piattaforme digitali per la manifattura e procedure di certificazione europea.
In TRICK , dove supportiamo il pilot Tessile, torniamo sul servizio per la Dichiarazione di Origine Preferenziale e partecipiamo all’implementazione di una tecnologia Blockchain e di una soluzione di Intelligenza Artificiale contro la contraffazione. Il tutto all’interno di un progetto per l’adozione il tracciamento e l’applicabilità di approcci sostenibili attraverso un modello innovativo e circolare di gestione delle informazioni di produzione. Al centro, lo sviluppo di una piattaforma blindata con tecnologia Blockchain, completa, sicura e standardizzata, che permetterà a PMI e manifatture di raccogliere i dati di produzione in sicurezza.